Nel primo post di questa serie sul Carnevale vi ho introdotto la storia di questa antichissima tradizione.
Sappiamo che risale addirittura all’ epoca Greco-Romana e che si manifestava in eccessi sfrenati di ogni natura al fine di rovesciare l’ordine precostituito per stabilirne uno nuovo, puro, da zero.
Quando pensiamo al carnevale oggi, la prima cosa che ci viene in mente è la maschera e il costume, le sfilate con i carri allegorici e i dolci, di cui vi ho raccontato nel post #2.
Ma perché ci mascheriamo a Carnevale? Qual è l’origine e la ragione del travestimento? Quando abbiamo iniziato a portare la maschera?
A seconda della cultura di provenienza se n’è fatto un diverso uso. Da oggetto rituale a teatrale o goliardico, con un denominatore comune: la perdita dell’identità da parte di chi la indossa e la contestuale assunzione di quella altrui. In assoluto, la maschera ha la funzione di proteggere chi la indossa per poter agire impunemente, conservare l’anonimato, la propria identità o neutralità.
Anche qui bisogna scomodare i nostri antenati prima, addirittura gli uomini delle caverne, che indossavano le pelli e le corna delle proprie prede sul capo durante le cerimonie per propiziare la caccia, e le popolazioni arcaiche poi. Queste infatti assumevano l’identità dei defunti indossando una maschera che faceva da tramite con il mondo spirituale. In questo modo si dava ai morti l’opportunità di tornare sulla terra a divertirsi in cambio di buoni raccolti. In molte culture oggi è tutt’ora così, no?
Anche in epoca Greco-Romana la maschera ha una funzione mistica. Durante il caos dei Saturnali le classi sociali si invertono, gli schiavi si fanno servire dai padroni un banchetto succulento proprio nell’ultimo giorno prima del periodo di astinenza (guarda caso come quella che si dovrebbe osservare nell’odierna Quaresima) e possono addirittura deriderli senza correre rischi, poiché come dice il proverbio a Carnevale ogni scherzo vale!
Alla base della Commedia dell’Arte, il caposaldo del teatro moderno, vi è proprio la burla dei più poveri e deboli verso i padroni ricchi e capricciosi cui tutto era concesso, anche se basso e discutibile. Carlo Goldoni, il grande commediografo Veneziano, prende a prestito maschere regionali come Pantalone, Colombina, Brighella, Arlecchino, Mirandolina, ecc. e ambienta le sue migliori commedie proprio durante il Carnevale di Venezia, uno dei più antichi al mondo.
L’arte dei mascareri risale al 1436 ma si afferma nella seconda metà del 1700. Quella che vediamo oggi nei pochi atelier rimasti, è una vera forma d’arte che è andata sviluppandosi solo negli ultimi 40 anni, quando un comitato cittadino decise di riportare il Carnevale di Venezia agli antichi splendori. Interamente create e finemente decorate a mano, questi oggetti di leggera e traspirante carta pesta rappresentano oramai uno dei simboli della Città in qualsiasi stagione.
Se oggi le maschere di cartapesta sono di mille forme e di raffinate fogge multicolori, in passato a coprire il volto (da qui l’omonima parola Veneziana per maschera) erano principalmente due: la Bauta (che in realtà comprende il volto, lo zendale, il tricorno e il tabarro) per i signori e la Moretta (o Muta) per le signore.
La prima è conosciuta ovunque grazie alle produzioni cinematografiche di tutto il mondo, bianca con il mento aguzzo e sporgente affinché chi la indossava potesse continuare a bere e mangiare senza toglierla. La seconda nera (ecco perché moretta), di forma rotonda e senza nastri, si manteneva aderente al viso addentando un bottone posto all’interno ad altezza della bocca. Ma così le signore non potevano nemmeno parlare! osservano indignate le mie ospiti. Eh, già, non appena parlavano la maschera cadeva e significava che la signora era…disponibile!
E i costumi? Beh, semplicemente quelli che in passato erano gli abiti lussuosi dell’aristocrazia veneziana e non solo, oggi sono parte integrante dei favolosi Balli a Palazzo e delle sfilate in Piazza San Marco. Appassionati di tutto il mondo prenotano il loro soggiorno a Venezia di anno in anno col il solo obiettivo di indossare costumi sempre più elaborati e fantasiosi.
I travestimenti invece si rifanno al concetto iniziale di assunzione di un’altra identità a scapito della propria, almeno per un giorno di disinibizione. Ricordo che da bambina attendevo la sfilata di carnevale con trepidazione, non me ne perdevo una ed era un pretesto per mettere il trucco, acconciare i capelli e indossare abiti e accessori che in altri momenti dell’anno non mi sarebbero stati concessi. La preparazione del costume, dall’idea alla sua realizzazione, necessitava di tempo, energie e non pochi strilli da parte di mia madre, che era un vulcano di idee ma molto severa e con poca pazienza!
Se volete provare l’emozione di una festa mascherata o decorare la vostra maschera di carta pesta, date un occhiata a questa esperienza su misura oppure non esitate a contattarmi!
Ora, divertitevi a guardare queste vecchissime foto di me mascherata. Riconoscete i costumi?