Lo so, lo so.
Non faccio altro che parlare e postare di frittelle. Sono in pieno trip carnascialesco perciò immagino di non potermi più esimere dal 2° articolo sul Carnevale!
Oggi parliamo dei dolci tipici del periodo, sapendo che Carnevale di per sé è un momento di trasgressione e abbondanza, oggigiorno soprattutto gastronomica!
La regola di base: fritto, fritto, fritto.
Ricordo mio padre dire spesso, davanti a mia madre che inorridiva mezzo divertita, che qualsiasi cibo, se fritto, gioco forza risulta “buono da mangiare” (nel senso di commestibile).
Effettivamente tra le patate lesse e quelle fritte non c’è partita, come tra il pollo nella prima e seconda versione!
Recentemente sono andata a trovare mamma (con mascherine, distanze e autocertificazione) e con mia grande gioia ho trovato ad aspettarmi il vassoio che vedete nella foto. Che felicità!
La sua prima domanda è stata: “si sente odore di fritto”?
Mamma non ti preoccupare e spiegami la tua ricetta così ne faccio un articolo sul blog.
Apriti cielo. La sua è una ricetta rivisitata con la ricotta per una maggiore leggerezza ma le frittelle originali sono fatte col semolino e prima ancora con la farina gialla, uva sultanina e pinoli ovvero alla veneziana.
Già, perché le massaie s’ingegnavano usando quello che c’era in casa (molto poco): per i bimbi era sufficiente che fosse dolce e fritto! Perciò in tutta Italia si trovano mille varianti delle frittelle anche se io mi sto strafogando di quelle veneziane e di quelle ripiene alla crema di zabaione (le mie preferite!).
La tradizione risale al rinascimento e i fritoleri, almeno una settantina, nel ‘600 si riuniscono persino in corporazione e si tramandano il mestiere di friggere la pasta deliziosa di padre in figlio in aree assegnate della Repubblica Serenissima.
Su grandi tavolacci di legno impastavano all’aperto farina, uova, burro, uvetta e pinoli e friggevano il composto nello strutto di maiale, in grandi paioli sorretti da tripodi per ottenere quello che nel 1700 verrà eletto come dolce nazionale dello Stato Veneto!
E allora ecco le foto della ricetta originale, di quella rivisitata e di quella moderna della fritola Veneziana!
Con mia suocera la musica cambia poco anche se per la famiglia di mio marito sono le Chiacchiere (crostoli, frappe, bugie che dir si voglia, o galani a Venezia) a farla da padrone. Questione di gusti.
I galani sembrano più semplici perché hanno molti meno ingredienti visto che si tratta di pasta all’uovo dolce ma se non si possiede la macchinetta per tirare la pasta sottile sottile, farlo armati solo di mattarello è davvero un’impresa!
Si tratta di ritagli rettangolari di pasta fritti (sempre fritti) e spolverati di abbondante zucchero a velo che risalgono addirittura ai Saturnali romani (quei festeggiamenti sfrenati che avvenivano, appunto, prima di un periodo di digiuno e purificazione).
Il procedimento? Non voglio tediarvi: sui social, alla voce crostoli e frittelle trovate davvero di tutto.
Il segreto sta nella frittura, anzi nella temperatura dell’olio, un’ arte che s’impara col tempo e commettendo tanti errori. Diciamo che l’ideale si aggira sui 180 ° C. Un altro trucco è la velocità, così non si lascia tempo alla pasta di assorbire l’olio che la renderebbe troppo pesante.
Ecco la foto della ricetta dei crostoli di mia suocera!
In tempi normali sarei a spasso per calli e campielli con i miei ospiti per un’ esperienza storico-culinaria su misura in tema col periodo e sicuramente indosserei una maschera di Carnevale…ma di questo parleremo la prossima puntata!
Quest’anno, dal 7 Gennaio al 16 Febbraio 2021 troverete i dolci di Carnevale nonostante la pandemia e nel pieno rispetto delle restrizioni anti-covid. Le pasticcerie e i panifici sono aperti per asporto e sono la prima a concedermi questa trasgressione attendendo buona buona il mio turno.
Quest’anno non ci resta che mangiare!